Lo sai perché?

Vi siete mai chiesti come mai il dollaro abbia proprio la "S" barrata, "$", come simbolo e non un'altra lettera (magari l'iniziale "D")? Secondo la teoria più accreditata l'origine del simbolo del dollaro sarebbe una moneta d'argento utilizzata dall'impero spagnolo: il "peso de ocho" (pezzo da otto)

Da dove arriva il simbolo "$" del dollaro? Perché viene usata una "S" barrata e non la lettera iniziale "D" didollar? Per noi italiani la risposta più immediata, senza pensarci troppo, potrebbe essere "beh, deriverà dalla S della parola soldi". Ovviamente non è così semplice, anche perché in lingua inglese "soldi" si traduce money. E quindi? E quindi, come sempre in questi casi, ci sono varie teorie. La principale, però, riguarda una moneta precedente al dollaro americano, cioè il cosiddetto peso de ocho (in italiano "pezzo da otto").



Il pezzo da otto (noto anche come "real da otto" o "dollaro spagnolo") era una moneta d'argento coniata a partire dal 1497 e così chiamata perché valeva otto reales, un'altra moneta utilizzata all'interno dell'impero spagnolo. Vista l'importanza di quest'ultimo durante l'Età delle scoperte (XV-XVIII secolo) e la sua presenza anche in una parte del territorio che oggi ricade negli Stati Uniti d'America, il pezzo da otto fu introdotto ed ebbe corso legale anche nelle prime colonie americane e negli Stati Uniti degli inizi, nati in seguito alla guerra d'indipendenza americana (ebbe lì valore fino al 1857).

Il dollaro sarebbe stato creato proprio prendendo come modello il pezzo da otto e avrebbe derivato da questa moneta anche il suo simbolo. Le ipotesi più accreditate a questo proposito sono due: il simbolo della S barrata, "$", sarebbe nato dall’abbreviazione della parola "peso" in "ps", "p" ed "s" che poi si sarebbero sovrapposte graficamente (forse in un processo simile a quello che vedete nella prima immagine sottostante); oppure avrebbe avuto origine da un elemento grafico presente sul pezzo da otto: le mitiche colonne d’Ercole avvolte da un nastro celebrativo (evidenziate nella seconda immagine sottostante).


Ipotetica evoluzione grafica dell’abbreviazione della parola "peso" in "$".


Segnalazione delle Colonne d’Ercole sul pezzo da otto.

Per concludere, ecco un'altra curiosità: vi sarà sicuramente capitato di imbattervi nella S del simbolo del dollaro barrato sia con una sola linea verticale che con due. Beh, sappiate che entrambe le versioni, con una o due stanghette, sono valide. Perciò, se dovesse capitarvi di farne uso, utilizzate pure quella che preferite.


Simbolo del dollaro nelle sue due principali versioni grafiche valide.


articolo su: www.geopop.it/qual-e-lorigine-del-simbolo-del-dollaro-perche-non-e-stata-usata-una-d-ad-...
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La Cattedrale di Colonia, un vero e proprio capolavoro del gotico tedesco, è attualmente la chiesa a due guglie più alta del mondo.

Con la sua mole imponente, il duomo raggiunge ben 157 metri di altezza: si tratta della seconda chiesa più alta della Germania, dopo il duomo di Ulma, e la terza più alta al mondo.

La costruzione della Cattedrale di Colonia ebbe inizio nel 1248, anche se fu completata nel 1880, più di sei secoli dopo.

Opera di Filippo Lippi, 1406-1469.

La storia d'amore che si cela dietro a questa opera.
Filippo Lippi si trovava a Prato, stava affrescando il Duomo ed era cappellano nel convento di Santa Maria, essendo un monaco.

Gli venne commissionata una Madonna, e l'artista chiede che gli venga mandata una novizia come modella, fu mandata Lucrezia Buti ,una giovane bellissima. Durante le ore di posa Filippo se ne innamora e nonostante l'età anche la ragazza si innamora di lui (Filippo aveva 50anni , Lucrezia 20) bisogna anche ricordare che entrambi si fecero religiosi perché obbligati dalle famiglie.

Finito il quadro, durante la processione della Sacra Cintola, fuggirono insieme. Da quell'amore nacque un altro grande artista, Filippino Lippi.
La chiesa non diede mai il consenso per il matrimonio.

La composizione ebbe grande successo e fu presa a modello da molti artisti, fra i quali il giovane Botticelli, suo allievo.

Come tutti i grandi autori, anche Gianluigi Bonelli ha messo molto di sé nel suo eroe più famoso, che per lui rappresentava la dignità e il senso di giustizia: “Nel mio Tex c’è il mio senso di reazione a ogni ingiustizia”

Nel fatidico 1948, Bonelli abitava a Genova. Vi era tornato dalla Svizzera, paese in cui si era rifugiato nel 1943 a causa della guerra. Qui si era messo in affari con l’editore G. De Leo dopo avere letto il suo settimanale “Il Cow Boy”, il 1° giornale a fumetti del dopoguerra

Perché scelse Tex? Mentre girovagava per le vie del centro, Bonelli fu ispirato dall’insegna di un negozio di abbigliamento, che si chiamava “Tex Moda”. Tex: suonava bene, esotico e conciso. Perfetto per quello che aveva in mente: le avventure western di un giovane giustiziere, un tipo poco raccomandabile come quelli che gli piaceva raccontare.

Il primo albo di Tex arrivò nelle edicole il 30 settembre 1948.

Non capire una mazza origine.
- Questa frase di uso abbastanza comune racchiude un segreto davvero interessante.
- Tra le curiosità sulla Sicilia meno conosciute, infatti, c’è proprio quella che la riguarda.
- Per comprenderne la vera storia, bisogna andare indietro nel tempo, fino al 1908, a un tragico terremoto di Messina.

“Non capisci una mazza!”. Quante volte avete detto – o vi siete sentiti dire questa frase? Non si tratta certo di un complimento: al contrario, anzi, viene detto a qualcuno che non ha capito nulla o che è incompetente. Abbiamo deciso di dedicarci all’origine di Non capire una mazza perché racchiude una spiegazione decisamente curiosa. Per comprenderla, facciamo un balzo indietro nel tempo e andiamo al 1908, data di un tragico terremoto di Messina. In quell’occasione, i primi soccorsi furono coordinati dal generale italiano Francesco Mazza. A spiegarci come si svolsero quelle operazioni è stato il giornalista Giorgio Boatti, nel libro “La terra Trema”. Durante i primi soccorsi, non mancò la solidarietà da altre parti d’Italia, ma il nome del generale Mazza segnò tutta la vicenda. Scopriamo insieme perché.

Il terremoto del 1908 di Messina
Abbiamo già anticipato che la vera storia della frase “Non capire una mazza” è strettamente connesso al terremoto di Messina del 1908. Un evento tragico, una profonda ferita nel cuore della Sicilia. Qualche giorno dopo il sisma, il re d’Italia Vittorio Emanuele III decise di rimuovere il sindaco in carica, Gaetano D’Arrigo Ramondini e di nominare il generale Francesco Mazza. Mazza era originario di Rivanazzano, in provincia di Pavia. Decise di stabilire il suo “quartiere generale” sulla nave Duca di Genova, che era ormeggiata nel porto di Messina.

Stando a varie fonti dell’epoca, la nave ospitava feste di ogni tipo. Francesco Mazza era al centro di varie dicerie e venne criticato più volte dalla stampa. Lo si accusava, infatti, di non essere in grado di fronteggiare l’emergenza. Tra i tanti provvedimenti che prese, invece di pensare alla ricerca di superstiti sotto le macerie, decise di recuperare l’oro e i beni di valore delle banche cittadine. Ancora, suggerì di abbattere a colpi di cannone quel poco che era rimasto in piedi. Non è difficile credere che, un mese dopo, venne rimosso dal suo incarico.

È proprio così che è nato il modo di dire “Non capire una mazza“. Con questa frase si indica incapacità, inefficienza e mancanza di comprensione di un determinato fenomeno o di una situazione. L’espressione si diffuse in tutta Italia ed è, tuttora, molto utilizzata. Di fatto, è un po’ al centro di un fraintendimento, poiché molti credono che il significato si rifaccia a qualcosa di un po’ più volgare.

Il termine "robot" evoca l'immagine di macchine con sembianze umane, di automi capaci di eseguire compiti in modo autonomo. Tuttavia, pochi sanno che le origini della parola "robot" risalgono alla lingua slava e ai concetti di lavoro forzato e schiavitù.

"Robot" è una parola che oggi più che mai ha molti significati, dalle macchine fisiche progettate per eseguire compiti autonomamente, ai sistemi di intelligenza artificiale. Generalmente, comunque, col termine "robot" si intende una macchina progettata e programmata dall'uomo per muovere oggetti, eseguire lavori e compiti diversi. Poche persone sanno, però, che le radici del termine risalgono alla lingua slava e ai concetti di lavoro forzato e schiavitù.

Il termine "robot" si diffuse soprattutto a partire dall'opera teatrale R.U.R. (Rossum's Universal Robots) scritta dal drammaturgo ceco Karel Čapek nel 1920. La parola deriva a sua volta dalla parola ceca (e non solo) robota, che indica il lavoro pesante, faticoso. Robota viene a sua volta derivante dallo slavo e richiama il concetto di servitù della gleba e schiavitù.

Il dramma R.U.R. propone una riflessione sulle paure che l’uomo del XX secolo prova di fronte alla rapidità senza precedenti con cui il progresso scientifico avanza. Nell'opera i robot sono coloro che lavorano al posto degli operai. Il legame etimologico con il concetto di schiavitù riflette proprio la concezione dei robot come entità create per svolgere lavori umili o pericolosi al posto degli esseri umani.

Con l'avanzamento della tecnologia il concetto di robot si è evoluto, abbracciando non solo macchine fisiche ma anche software e intelligenze artificiali. Questo ha ampliato il significato e l'applicazione del termine, portando a riflessioni sulla coesistenza tra umani e macchine intelligenti. Tuttavia, il processo solleva anche questioni etiche sulla sostituzione dell'uomo con la macchina, tematica che tocca diversi aspetti della società, dell'economia e della filosofia. Questo dibattito si articola attorno a diverse questioni chiave, inclusi l'impatto sul lavoro, l'identità umana, l'equità sociale e le implicazioni a lungo termine per l'umanità.